Normativa italiana in materia di violenza domestica

Fino al 2001 l’ordinamento italiano non prevedeva disposizioni specifiche per la violenza domestica che, a seconda dei casi, risultava punibile attraverso la previsione dei reati di minaccia (art. 612 codice penale: d’ora in poi c.p.) violenza privata(art. 610 c.p.) o maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art. 572 c.p.) nonché, in presenza di fatti di maggiore gravità, attraverso le disposizioni sulle lesioni personali (artt. 582-583 c.p.), sulla violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) e sull’omicidio (art. 575 c.p.).

In particolare, con riguardo al reato di maltrattamenti in famiglia, il codice penale italiano del 1930 vede in esso una offesa alla famiglia (similmente al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, contemplato nell’art. 570) e richiede ai fini della punibilità una pluralità di atti reiterati nel tempo, che può anche consistere in minacce, violenza privata o ingiurie. La pena prevista per questo reato (reclusione da 1 a 5 anni) è aumentata se dal fatto derivano alla vittima, quale conseguenza non voluta, lesioni personali o la morte.

Nel 2001 (legge n. 154 del 2001) sono state introdotte, sia sul piano penale che su quello civile, misure cautelari specifiche per proteggere la vittima di violenza domestica (l’uomo o la donna coniugati o conviventi, così come chiunque altro faccia parte della unità familiare). Nell’ambito delle misure cautelari penali che possono essere adottate in presenza di gravi indizi di colpevolezza e di particolari esigenze, quali ad esempio il pericolo di commissione di nuovi reati, il giudice può ordinare all’accusato l’allontanamento dalla casa familiare e, se necessario, proibirgli di avvicinarsi ad altri luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-bis codice di procedura penale). Misure analoghe possono essere adottate dal giudice civile, su richiesta della vittima di violenza domestica, attraverso il cd. ordine di protezione contro gli abusi familiari; il giudice in questi casi può anche chiedere l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare nonché delle associazioni di sostegno e accoglienza di donne, minori o altri soggetti vittime di abuso o maltrattati (art. 342-bis codice civile). La violazione dell’ordine di protezione è sanzionata con la pena della reclusione fino a 3 anni o con la multa.

Nel 2009 (legge n.38 del 2009) è stato inserito nel codice penale il nuovo reato di atti persecutori (art. 612-bis) insieme a una nuova misura cautelare (il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), volta a evitare che l’agente prosegua nella sua attività. Il reato richiede una condotta reiterata, in grado di cagionare alla vittima un perdurante e grave stato d’ansia o di paura, ovvero un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto. La pena è più grave se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato oppure da persona che abbia avuto con la vittima una relazione affettiva; è ulteriormente aggravata se la vittima è un minore, una donna incinta o una persona disabile.

Con l’intento di dare seguito alla ratifica della Convenzione di Istanbul (vedi sotto), il 15 ottobre 2013 il Parlamento italiano ha approvato la legge n.119 del 2013 che introduce le seguenti novità:

1. Previsione di circostanze che aggravano la pena, tra cui la “violenza assistita” (violenza compiuta in presenza di minori) e la violenza compiuta in danno di minore, donna in gravidanza, persona con la quale si intratteneva una relazione coniugale o di conoscenza o di affetto;

2. Introduzione di norme di tutela per le vittime:
- audizione della parte offesa da parte del giudice nelle forme protette (es. vetrospecchio);
- obblighi di comunicazione dei provvedimenti a carico dell’autore (cessazione, revoca o modifica delle misure);
- irrevocabilità della querela per stalking in caso di minaccia grave e revocabilità, negli altri casi, solo davanti al giudice;

3. Rafforzamento dei poteri di polizia giudiziaria:
- arresto obbligatorio in flagranza anche per percosse e lesioni nei casi di violenza domestica;
- ammonimento d’ufficio da parte del Questore per maltrattamenti e stalker;
- allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, inflitta d’ufficio dalla polizia giudiziaria per molti reati di violenza, in caso di flagranza e con pericolo di reiterazione;

4. Rilascio del permesso di soggiorno allo/a straniero/a vittima di violenza domestica;

5. Piano d’azione straordinario contro la violenza (con finanziamento di 10 milioni per il 2013, 7 milioni nel 2014 e 10 milioni a partire dal 2015).

Normativa europea e internazionale

Dal 1985 l’Italia è membro firmatario della Cedaw - Convenzione delle Nazioni Unite per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (1979).

Nel 2012 L’Italia ha ratificato la Convenzione di Lanzarote (2007) del Consiglio d’Europa sulla tutela dei minori nei confronti dello sfruttamento e dell’abuso sessuale (legge n. 172 del 2012): pene più severe sono state introdotte per il reato di maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli (reclusione da 2 a 6 anni) e si è espressamente stabilito che vittima del reato può essere anche la persona convivente (sposando così la soluzione interpretativa già accolta dalla giurisprudenza).

Il 27 settembre 2012 l’Italia ha firmato la Convenzione di Istanbul (2011) del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata il 27 giugno del 2013 con la legge n. 77.

Altri documenti

Sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani sulla violenza domestica: Case of Eremia and Others vs. the Republic of Moldova.